Che le cose in Langa stiano andando piuttosto bene, nonostante le ultime annate, è evidente: si costruiscono nuove cantine, si acquistano macchinari sempre più innova- vi, sorgono nuove aggregazioni di produttori, ma soprattutto i buoni nomi si riconfermano. E ciò vale senz’altro per Matteo Alario e per la sua azienda: sei ettari di vigne, curati con estrema puntigliosità, sulle colline di Diano d’Alba e una cantina ben attrezzata per produrre non più di 25.000 bottiglie all’anno. Dalla teoria ai fatti. Il Cota Fiore si conferma come uno dei migliori Dolcetti di Diano sul mercato: violaceo, intenso, brillante, lungo, vinoso, fruttato; nonostante la vinificazione in acciaio, presenta eleganti note vanigliate. Anche il Montagrillo, da terreni più argillosi e meno ventosi, conseguentemente un po’ più duro e asciutto, si esprime a livelli simili, con buon brio, equilibrato e con ottima corrispondenza naso/bocca: fatto proprio per smentire quelli che sostengono “il Dolcetto non dura”. La Barbera ha un’accattivante bevibilità, con colori intensamente violacei e sentori di frutta rossa ad accompagnare un gusto vellutato, vanigliato, con gradevole vivacità della componente acida: bell’esempio di uso oculato della barrique. Anche il Nebbiolo conferma il buon livello della cantina: di colore tra il rubino e il granata, presenta un’intensità che anticipa la concentrazione dei profumi (frutta cotta e rabarbaro) e la buona struttura delle sensazioni gustative, con esemplare equilibrio tra la morbidezza e l’astringenza. Non resta che attendere il Barolo di prossima uscita: se i risultati saranno simili a quelli fin qui descritti, il nuovo vigneto a Verduno saprà convincere anche i più scettici.